Lisa (2005)

-Ciao Matteo... -
-Lisa? - Un tuffo al cuore. La telefonata mi aveva sorpreso di nuovo addormentato sul divano. Guardai velocemente l’orologio alla parete.
-Ehm... Volevo chiederti com’è andata con quel racconto che hai spedito. Lo pubblicano?-
-Lisa, l'ho inviato ieri pomeriggio... dagli il tempo di leggerlo... -
-Ah-a... -
-Cosa ci fai sveglia a quest’ora? Sono le cinque e mezza. -
-Be’... Non riuscivo ad addormentarmi, ieri sera. Così sono uscita a farmi un giro...-
-Un giro? Ma sei matta? -
-Aspetta... Ho fatto un giro, ma mica tutta la notte... -
-E dove sei andata? -
-Sono venuta sotto casa tua... Se ti affacci mi vedi... -
Ci risiamo...
-Ok, vieni su, dai... Cosa aspetti? -
-Se non avessi visto la luce accesa non avrei telefonato... -
-Naturale... Aspetta che vengo ad aprirti. -
Stava seduta sul divano, con i capelli bagnati. Mi chiesi come facesse ad uscire, quando pioveva, sempre senza ombrello.
-Sono orribile, vero? -
-No, sei bagnata. E ti prenderai un accidente prima o poi... -
-Sei arrabbiato con me? -
-No... -Sospirai. -Mi chiedo però cosa ti ha portata qui stamattina. -
-Sei sempre così sospettoso... -
-E’ il mio mestiere, lo sai... -
-...Mi fai un thè caldo? - Lo disse di getto, come se fosse stata una parte imparata a memoria.
-Certo. Intanto levati il soprabito che è bagnato. In camera... -Mi bloccai per un attimo. Poi ripresi. -In camera, nella cassettiera c’è una tuta. Se vuoi la puoi tenere... -
-Grazie, ma resto poco. Mi fa piacere il thè e poi me ne vado... -
Mi sedetti di fronte a lei, sulla sedia a dondolo.
-Cosa succede? -
-Niente. Volevo camminare un po’... -
-Vuoi un asciugamano? Almeno per i capelli... Sai, la cervicale... -Sorrisi un po’ imbarazzato. Il riferimento ai capelli aveva un po’ scoperto le mie carte. Avevo un debole per i suoi e lo sapeva benissimo.
-Be’, sì. Hai ragione... - Sorrise anche lei.
-Non mi hai risposto. -
-Niente. Non riuscivo a dormire... Non ho chiuso occhio stanotte. -
-E lui? - Mi uscì così. Spontanea.
-Lui chi? -
-Smettila, dai. Lo so che hai qualcuno... -
-Mi hai seguita? -
-No.- Mentii. - Però ti ho vista... - In realtà le poche volte che l’avevo incontrata era sempre da sola, e questa conferma mi ferì più di quanto mi sarei aspettato.
-Non c’è quasi mai... -
-Ah... Lo sa che sei qui? -
-No. Ci starebbe male... E’ una persona tanto sensibile, sai? Non capirebbe... -
-Certo... -
Andai a prendere l’asciugamano, mentre sentivo dentro crescere la pressione. Era sempre così: si preoccupava per tutti quanti, tutti erano sensibili, tutti avrebbero potuto soffrire.
Già.
Tutti.
Io no, però...
-Allora. Cosa c’è? -
La teiera cominciò a fischiare e quando mi alzai e le voltai le spalle, Lisa cominciò a singhiozzare. Guardai il soffitto, come se lì avessi potuto trovare qualcosa, poi versai l’acqua calda nelle due tazze, come secoli prima, senza dire una parola.
-Non dovrei essere quì... - Mormorò mentre metteva le bustine di deteinato nelle tazze.
-Ma ci sei. E adesso ti asciughi un po’ e vuoti il sacco, o scoppierai... - Mi sforzai di apparire sereno.
Prese l’asciugamano e se lo avvolse sulla testa come un turbante.
-Grazie... -
-E ora mi fai la cortesia di levarti quel coso? -Indicai il soprabito. -Mi bagni il divano... -
-Se la metti su questo piano... - Sorrise triste. Si alzò e si tolse il cappotto, rivelando così di avere addosso solo la camicia da notte.
-Cosa pensi di fare? - Le chiesi non del tutto sorpreso.
-Non lo so. So solo di avere tanto freddo... -
-Be’, se pensi di potermi sedurre con gli anfibi e il turbante in testa, hai sopravvalutato le tue risorse... - Tentai di scherzare, molto agitato.
-Sono cose che si tolgono facilmente... - Mi sfiorò le labbra con le dita.
-Lisa... -
-Ssssss. -
-No. - Sorpresi anche me stesso, allontanandola. -Ti vado a prendere la tuta. -
Era stata la scelta più dolorosa della mia vita. Tutto quanto me stesso urlava di volerla, lì, subito. Mi domandai dove fosse quella parte ancora razionale dentro di me che in quel momento aveva preso il sopravvento. Mi allontanai verso la camera e un’altra piccola parte di me sperò per un attimo che mi seguisse, ma Lisa si risedette sul divano, gli occhi lucidi, raggomitolandosi come farebbe una bambina spaventata da un temporale.
-Scusa... Sono una scema. - Mormorò. Poi riprese a singhiozzare.
-E’ successo qualcosa che non so? -
La stupidità della mia domanda sorprese soprattutto me stesso. C’era tutto che non sapevo di lei, non più. Da un anno era diventata un’estranea, una specie di immagine oltre lo schermo, fuori campo. Più la guardavo rabbrividire su quel divano e meno la riconoscevo ben sapendo però paradossalmente che la vera Lisa era proprio quella. Mi avvicinai e mi ci accucciai di fronte, porgendole la tuta.
Smise per un attimo si piangere e mi guardò. Uno sguardo triste, privo di vitalità.
-No. Non è successo niente... E’ successo tutto. E niente... Così... -Accennò un sorriso forzato, poi gettò gli occhi a terra.
-Mettiti la tuta, dai. Non fa così caldo... - Le dissi piano.
-Oh, Matteo... Ho tanta voglia di morire. -
-E vuoi farlo di freddo sul mio divano? - Scherzai, riuscendo a strapparle un sorriso sincero.
-Sei tanto caro... -Sussurrò. Poi prese la felpa e se la infilò dalla testa, con un movimento infantile che mi ricordò tante cose.
-Mi ricordo questa tuta... Ti stava bene. - Disse sbucando dal girocollo.
-Non è vero... Era corta. Sembravo uno spaventapasseri. -
Rise. E finalmente riuscii a riprendere fiato.
Il suo viso riprese vita e un po’ di colore solo dopo che si fu addormentata sul divano. La coprii con un plaid di pile e mi stupii ancora una volta di quanto fosse piccola, così raccolta e con il il cuscino stretto al petto, come sempre. Per oltre un’ora non riuscii a fare altro che guardarla, resistendo con fatica a trattenere la mano, che avrebbe voluto accarezzarla, sfiorarne i capelli sottili e scostarglieli dal viso.

Si svegliò piano piano, trattenendo il sonno pigramente, come amava fare nei giorni di festa.
-Buongiorno... -Disse a mezza voce con gli occhi semichiusi.
-Buongiorno. Come ti senti adesso? -
-Calda. E affamata... ! - Sorrise arrossendo. -Sembra il titolo di un film porno... Volevo dire che... - Si coprì il viso.
-Ho capito, dai. Cosa vuoi mangiare? -
-Che ora si è fatta? -
-Sono quasi le undici e mezzo. Potremmo andare a pranzo fuori, oppure aggiustarci qui... -
-Cavolo, è tardissimo! - Si tirò su velocemente.
-Mi spiace... -
-Dovevi svegliarmi... Accidenti a me. Avrei dovuto dirtelo... -
-Cosa dovevi dirmi? -
-Siamo a pranzo dai genitori di Flavio... -Mi guardò. -Flavio ed io... -
-Ah. Si chiama Flavio? -
-Sì. Scusami... -

La guardai dalla finestra uscire di corsa ed attraversare la strada, poi mi ritrassi e mi sedetti sul divano giurandomi per la millesima volta che quella sarebbe stata l’ultima volta, sapendo di mentire..

FINE



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