Era una di quelle mattine in cui
le cose vanno a rovescio come se seguissero un disegno di Escher.
Si alzò controvoglia e controvoglia accese il pc. Era un
vecchio modello, di quelli che per avviarsi hanno bisogno di qualche
benedizione, così tornò in camera, si infilò
i calzini e poi si fece un caffè, pessimo, con il pacchetto
che gli aveva regalato lei, una settimana prima.
Quella notte aveva dormito pochissimo perchè assediato da
mille pensieri e poi anche perchè la lavatrice inspiegabilmente
aveva deciso di rompersi proprio quella notte, quando nessuno pensa
nemmeno che esista, la lavatrice. Aveva osservato per un po’
le ciabatte di gomma galleggiare in fondo ai piedi del letto prima
di rendersi conto che non stava sognando e impiegato altre due ore
per asciugare il pavimento. E poi il vicino di sotto che aveva cominciato
a minacciare querele, e la sveglia che, forse per l’umidità,
aveva smesso di funzionare e che per spegnerla, alle quattro e trentaquattro
del mattino, aveva dovuto tirarla contro il muro.
Sbuffò e lo buttò giù d’un fiato, scottandosi
il palato e parte della lingua, come a punirsi.
Bene, si disse. Al lavoro...
Stava scrivendo un romanzo, uno di quelli da poche pretese, un giallo
ambientato a Genova, la sua città. Un posto dove, se si esclude
la ormai dilagante malavita ecuadoriana, erano anni che non succedeva
niente di particolarmente interessante da destare la curiosità
di un potenziale lettore. Genova uguale noia, oppure tafferugli
con la polizia in occasione del G8. E il suo romanzo partiva proprio
da quelle tristi giornate di luglio di un po’ d’anni
prima.
Già, geniale... Saranno almeno duecento i romanzi ispirati
a quei giorni, pensava, ma continuava a scrivere, inventandosi oscure
trame eversive che coinvolgevano tutti, cercando con stanca ostinazione
l’Idea, la scintilla che avrebbe potuto trasformare il suo
lavoro in una cosa unica, finalmente diverso
dagli altri.
Ed era ancora impegnato in quella ricerca, quando il campanello
della porta suonò un paio di volte, con suono isterico.
Cazzo... pensò. Salvò tutto quanto e si alzò
per aprire. Il tecnico è già qui? Poi trattenne il
fiato, perchè non era il tecnico.
-Ciao. - Disse lei, vestita come se avesse dovuto interpretare Lara
Croft in una versione hard.
-Ciao Grazia... -Bofonchiò, mentre gli ormoni iniziavano
a svegliarsi dolorosamente nelle mutande. -Non ti aspettavo... sai
stavo scrivendo... -
Entrò e si mise a guardare intorno come se non avesse mai
visto quell’ingresso, con i cuscini stropicciati sul divano,
le piante grasse sul mobile basso, le due o tre videocassette che
gli aveva registrato Fabio e il tappetino comprato all’Ikea,
come al solito con un angolo ripiegato sotto.
-Carino, qui... -
-Be’, sempre uguale. Lo hai visto anche due giorni fa... -
Si sedette sul divano e ne provò il molleggio, accennando
un sorriso.
-Come ti sembra il mio nuovo look? -
-Be’, seduta stai ancora meglio... -Disse lui sbirciandole
nell’ampia scollatura.
-Scemo.-Rise e gli fece cenno di sedersi vicino a lei.
-Cosa succede, Grazia? -
-Sei sempre così sospettoso... -Disse lei maliziosa.
-Lo sai che scrivo gialli... -Disse lui, come a giustificarsi.
-Devo dirti una cosa, che forse potrebbe darti uno spunto per il
romanzo... -
-E dovevi farlo vestita così? -
-Non mi pare che ti dispiaccia... -
-No, direi di no... -Assentì lui. Doveva far parte di tutto
il pacchetto all inclusive di quella mattina stramba, così
se ne fece una ragione e si sedette vicino a lei.
Si svegliò in quel momento, mentre abbracciava con fare lascivo
il cuscino.
-Porca puttana.. -Biascicò sollevandosi seduto. -Devo essere
abbastanza fuori di testa per sognarmi ‘ste cose... - Guardò
di fronte a sè la finestra, sigillata con stracci e silicone.
“Il familiare e rasserenante orizzonte della normalità...”
Pensò con un sorriso.
L’acqua alta era ormai arrivata sotto al davanzale e l’intera
città, trasformata in una specie d’arcipelago di case
diroccate, zattere di fortuna, rifiuti e rottami, si stendeva ai
suoi piedi come un vecchio mendicante.
-Devo fare presto.. si disse saltando giù dal letto, e presa
fra le mani la leva della pompa da sentina, cominciò a vuotare
l’appartamento.