ACQUA (2005)

Era una di quelle mattine in cui le cose vanno a rovescio come se seguissero un disegno di Escher. Si alzò controvoglia e controvoglia accese il pc. Era un vecchio modello, di quelli che per avviarsi hanno bisogno di qualche benedizione, così tornò in camera, si infilò i calzini e poi si fece un caffè, pessimo, con il pacchetto che gli aveva regalato lei, una settimana prima.
Quella notte aveva dormito pochissimo perchè assediato da mille pensieri e poi anche perchè la lavatrice inspiegabilmente aveva deciso di rompersi proprio quella notte, quando nessuno pensa nemmeno che esista, la lavatrice. Aveva osservato per un po’ le ciabatte di gomma galleggiare in fondo ai piedi del letto prima di rendersi conto che non stava sognando e impiegato altre due ore per asciugare il pavimento. E poi il vicino di sotto che aveva cominciato a minacciare querele, e la sveglia che, forse per l’umidità, aveva smesso di funzionare e che per spegnerla, alle quattro e trentaquattro del mattino, aveva dovuto tirarla contro il muro.
Sbuffò e lo buttò giù d’un fiato, scottandosi il palato e parte della lingua, come a punirsi.
Bene, si disse. Al lavoro...
Stava scrivendo un romanzo, uno di quelli da poche pretese, un giallo ambientato a Genova, la sua città. Un posto dove, se si esclude la ormai dilagante malavita ecuadoriana, erano anni che non succedeva niente di particolarmente interessante da destare la curiosità di un potenziale lettore. Genova uguale noia, oppure tafferugli con la polizia in occasione del G8. E il suo romanzo partiva proprio da quelle tristi giornate di luglio di un po’ d’anni prima.
Già, geniale... Saranno almeno duecento i romanzi ispirati a quei giorni, pensava, ma continuava a scrivere, inventandosi oscure trame eversive che coinvolgevano tutti, cercando con stanca ostinazione l’Idea, la scintilla che avrebbe potuto trasformare il suo lavoro in una cosa unica, finalmente diverso dagli altri.
Ed era ancora impegnato in quella ricerca, quando il campanello della porta suonò un paio di volte, con suono isterico.
Cazzo... pensò. Salvò tutto quanto e si alzò per aprire. Il tecnico è già qui? Poi trattenne il fiato, perchè non era il tecnico.
-Ciao. - Disse lei, vestita come se avesse dovuto interpretare Lara Croft in una versione hard.
-Ciao Grazia... -Bofonchiò, mentre gli ormoni iniziavano a svegliarsi dolorosamente nelle mutande. -Non ti aspettavo... sai stavo scrivendo... -
Entrò e si mise a guardare intorno come se non avesse mai visto quell’ingresso, con i cuscini stropicciati sul divano, le piante grasse sul mobile basso, le due o tre videocassette che gli aveva registrato Fabio e il tappetino comprato all’Ikea, come al solito con un angolo ripiegato sotto.
-Carino, qui... -
-Be’, sempre uguale. Lo hai visto anche due giorni fa... -
Si sedette sul divano e ne provò il molleggio, accennando un sorriso.
-Come ti sembra il mio nuovo look? -
-Be’, seduta stai ancora meglio... -Disse lui sbirciandole nell’ampia scollatura.
-Scemo.-Rise e gli fece cenno di sedersi vicino a lei.
-Cosa succede, Grazia? -
-Sei sempre così sospettoso... -Disse lei maliziosa.
-Lo sai che scrivo gialli... -Disse lui, come a giustificarsi.
-Devo dirti una cosa, che forse potrebbe darti uno spunto per il romanzo... -
-E dovevi farlo vestita così? -
-Non mi pare che ti dispiaccia... -
-No, direi di no... -Assentì lui. Doveva far parte di tutto il pacchetto all inclusive di quella mattina stramba, così se ne fece una ragione e si sedette vicino a lei.

Si svegliò in quel momento, mentre abbracciava con fare lascivo il cuscino.
-Porca puttana.. -Biascicò sollevandosi seduto. -Devo essere abbastanza fuori di testa per sognarmi ‘ste cose... - Guardò di fronte a sè la finestra, sigillata con stracci e silicone.
“Il familiare e rasserenante orizzonte della normalità...” Pensò con un sorriso.
L’acqua alta era ormai arrivata sotto al davanzale e l’intera città, trasformata in una specie d’arcipelago di case diroccate, zattere di fortuna, rifiuti e rottami, si stendeva ai suoi piedi come un vecchio mendicante.
-Devo fare presto.. si disse saltando giù dal letto, e presa fra le mani la leva della pompa da sentina, cominciò a vuotare l’appartamento.

 

FINE



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