Le aveva spedito un sms. Uno di quelli che solo lei avrebbe capito. 
              Forse.
              Già, perchè erano due anni che non si sentivano e 
              non sapeva nemmeno se quello era ancora il suo numero. Al pensiero 
              ebbe un brivido, misto di piacere e di paura. Come avrebbe reagito? 
              Avrebbe risposto? E come? Si sarebbe ricordata dei loro giochi?
              Si sdraiò sul letto. Per essere luglio quella domenica mattina 
              faceva piuttosto freddo: nuvole grigie avevano occupato il suo spicchio 
              di cielo davanti alla finestra e l’aria, umida e scura, correva 
              bassa a sfiorare le gambe del comodino.
              Sospirò.
              Non avrebbe risposto. Certo che no... E per quale motivo avrebbe 
              dovuto farlo? Ora stava bene. Si era sposata con un uomo ricco, 
              affascinante. Come nelle favole, vero?
              Oppure come in una canzone di Baglioni. Sorrise amaro. Fanculo le 
              canzonette, si disse.
              Un tuono interruppe i pensieri, prolungando un rantolo sordo dalle 
              frequenze basse fino a sotto il letto.
              Sfiorò la testata con la punta delle dita, scorrendo sulla 
              liscia superficie di legno chiaro. Il letto, quello, era stato il 
              loro primo acquisto. Ed era stata una giornata così, con 
              un gran temporale che li aveva accompagnati fino a casa, con la 
              vecchia panda curva sotto quello scatolone di cartone beige tutto 
              inzuppato.
              E com’era bella, con i capelli bagnati e lo sguardo preoccupato...
              Ma non c’è problema, sai? I pacchi sono fatti per resistere 
              all’acqua... Sono mobili svedesi, no? Le diceva lui mentre 
              allentavano gli elastici sul portapacchi e un altro tuono scuoteva 
              l’aria elettrica.
              E poi su dalle scale, dopo aver disfatto la scatola fradicia nel 
              portone, un pezzo alla volta. E che fatica farli passare sui pianerottoli 
              stretti, e poi tutto quanto sul pavimento dell’ingresso, ordinato 
              come i resti di un naufragio.
              Sorrise ancora a quel materasso grande come una piazza, arrotolato 
              come un grosso arrosto, coperto di nylon che scivolava da tutte 
              le parti e una volta arrivati a casa e aperto e steso sugli altri 
              pezzi si erano sdraiati, fianco a fianco, esausti. A ridere, e a 
              baciarsi a dirsi cose e ad accarezzarsi, come se quello fosse stato 
              il posto più bello del mondo. 
              Si alzò e andò a chiudere la finestra, con un brivido 
              che non era proprio di freddo. Scostò le tendine con un gesto 
              meccanico, ma poi le lasciò andare. Cosa c’era di nuovo 
              da vedere fuori, se non una distesa di tetti grigi lucidi di pioggia?
              Tornò a letto e si tirò il lenzuolo su fino al mento 
              , chiudendo gli occhi.
              Dormire?
              E perchè no? Magari dormire cento anni, come quella della 
              favola, e aspettare la principessa che ti venga a svegliare? Non 
              c’era nessuna canzone di Baglioni su quell’argomento? 
              Ancora lui? Bah... Però dormire...
              Allungò la mano verso l’altra parte del letto. Chissà 
              perchè continuava a farlo?
              Guardò il soffitto. Era sempre lo stesso. Tutto quanto era 
              sempre lo stesso. 
              Mancava solo una cosa.
              Ma non avrebbe risposto.
              Magari era anche lei a letto. Le piaceva dormire, la mattina, e 
              alzarsi a mezzogiorno, e mangiare due biscotti mentre faceva la 
              cyclette. Non l’aveva nemmeno portata via, la cyclette, quella 
              sera.
              Si vede che Silvano ne aveva una sua, pensò, con una punta 
              di fastidio, cercando ancora una volta di capire come facesse a 
              pedalare e a mangiare i biscotti insieme, immaginandosi di soffocare 
              alla seconda pedalata.
              Richiuse gli occhi, sforzandosi di non pensare, poi, con il telecomando 
              accese lo stereo. C'era un CD che girava, sottovoce, fra il gracchiare 
              della cassa di destra, quella che aveva sempre sfrigolato.
              Non riuscì a capire di che canzone si trattasse se non dopo 
              un paio di minuti, ma che importava? Erano pur sempre passati due 
              anni e in due anni le cose cambiano, eccome. Anche alle canzoni 
              che piacevano a lei. Già.
              Fanculo.
              Era stata una cazzata, ma non grave.
              Chiuse gli occhi. Dopotutto era sopravvissuto, anche ai suoi silenzi. 
              E dormiva già da un pezzo quando arrivò un sms, illuminando 
              lo schermo del telefono di una luce nervosa.Una volta svegliato, 
              lo avrebbe letto, ma perchè tanta fretta? Lo schermo, silenzioso, 
              si spense, la stanza ripiombò nella penombra e lui si voltò 
              sul fianco, nel sonno, la mano allungata verso l'altra parte del 
              letto vuoto, in cerca di lei.