JOLANDA (2007)

Si alzò maledicendo la tosse.

Continuò a tossire fino a quando non si fermò di fronte allo specchio del bagno, un vecchio pezzo di vetro tutto macchiato che rispose al suo sguardo ostile con un altro altrettanto infelice.
Era stanco, stanco di dover correre tutto il giorno e tutti quanti i santi giorni che il calendario elenca, ma d’altra parte non poteva fermarsi. Non lui, e non adesso, certo che no.
Si sciacquò la faccia una o due volte, quasi schiaffeggiandosi, poi si rialzò, con uno scatto che gli fece male alla schiena e riprese a tossire.
Si vestì con il solito completo nero. Dette un’occhiata sfuggente alla punta delle scarpe mentre si annodava la cravatta sulla camicia bianca, e con un po’ di fastidio le lucidò sul retro del polpaccio. Poi prese la giacca, la indossò e si sistemò la ferramenta nella fondina sotto l’ascella. Era molto importante il fatto che la fondina non si notasse troppo all’esterno. Era per quello che normalmente sopra il completo nero portava un impermeabile grigio scuro di una misura più grande.
Dette un’ultima occhiata al sè stesso dentro allo specchio, poi afferrato il cappello, uscì.

Prima di iniziare il giro, decise di farsi il solito goccio al locale di Jolanda, quello fra la dodicesima e la sesta. Tutti sapevano perchè ogni sera passava di lì, lo sapeva anche lui ma preferiva non pensarci e lo faceva e basta. Se solo quella maledetta tosse l’avesse lasciato quietare una mezz’ora, forse quella sera stessa ci sarebbe riuscito con Jolanda. Ma ogni sera arrivava lì, e lei gli riempiva il bicchiere quasi all’orlo, si guardavano negli occhi e lui pensava, adesso no. Magari domani, che stasera non mi sono rasato bene, oppure ho le scarpe sporche, oppure la cravatta male intonata. Allora beveva il suo bicchierino, metteva sul bancone un paio di banconote ed usciva, senza dire una parola.
Jolanda era una bella donna, aveva un sorriso largo, caldo, che ti scaldava il cuore. Sarebbe stato il giorno adatto?
Chi lo sa? Si disse, mentre entrava nel locale dal soffitto basso color tabacco. Ai tavoli c’era la solita fauna che si incontra in locali del genere, tutta gente che ti sfiora con lo sguardo e ti perquisisce senza farsene accorgere, e che se sei pulito ti ignora dopo un attimo, come se al tuo posto ci fosse solo una volata di fumo. E nel locale di Jolanda di fumo ce n’era parecchio, vero e immaginario.
Era questo il punto, stabilire dove fosse quel confine, anche lì.
Tossì forte, ma nessuno si voltò. Il gusto del sangue gli arrivò sulla lingua. Ci siamo, disse a mezzavoce.
Nessuna reazione.
Qui ci vuole un po’ di disinfettante, aggiunse fra sé solo nei pensieri.
E subito una figura luccicosa di paillettes si scostò dalla massa scura dei clienti, e lo prese a braccetto.
Vuoi bere? Gli sussurrò.
Lui grugnì qualcosa di incomprensibile, guardando il soffitto.
Era una donna, su questo non c’erano dubbi. Aveva due enormi seni, e i capelli lunghi biondo platino, che le velavano la schiena nuda, avvolta in un vestito che lasciava poco all’immaginazione. Nonostante tutto aveva quell’aria bizzarra e tristemente evidente che hanno tutti quanti quelli come lei.
Scommetto che sei uscita da qualche sogno... Le disse lui, mettendosi la mano in tasca.
In effetti è vero... chiocciò lei, schioccando le grosse labbra rosse.
L’avevo immaginato, bambola. Il problema è che il mio giro in effetti non era ancora iniziato, ma sai, non posso chiudere un occhio, nemmeno per te.
Estrasse velocemente la pistola e le sparò da meno di venti centimetri, producendo un rumore simile al fischio di una teiera, e un anello di fumo che svanì lentamente sul soffitto.
Come previsto, nessuno si mosse e nessuno rumoreggiò. Si chinò a raccogliere il proiettile ancora caldo, e se lo mise in tasca.
I sogni stavano diventando un problema, in città. Quello che aveva appena eliminato era stato di qualche adolescente in piena tempesta ormonale, e chissà quanti ce n’erano ancora in quel locale. Ma per quella sera basta, e poi doveva ancora fare l’esame a Jolanda e il solo pensiero gli fece tremare come al solito un po’ le gambe.

Se fosse stato un agente modello le avrebbe fatto una volta per tutte l’esame telepatico e se lei si fosse rivelata un sogno suo piuttosto che una donna reale avrebbe letto i suoi pensieri e si sarebbe arrabbiata moltissimo, perchè i suoi pensieri su Jolanda non erano affatto innocenti, e quella sera avrebbe dovuto raccogliere un altro proiettile. E siccome forse quella sarebbe stata la volta buona, si voltò e uscì dal locale.

FINE



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