PALLA (1991) Si era svegliato presto, come al
solito. A Terzo nessuno dormiva fino a tardi. Si rischiava di non
alzarsi più,
come era capitato a Lena. E a Zane. Si diceva spesso che sarebbe
stato stupido ripeterne l'errore.
Ziro si mise al riparo di un muro. Non ricordava più
a cosa appartenesse in passato. Il passato era una cosa che a Terzo
non era mai accaduta, e non c’era futuro. Esisteva solo il
presente, e durava sempre pochi istanti. Si tastò
il giubbotto di tela, in cerca di qualcosa da mangiare, sempre attento
ad ogni piccolo ed impercettibile rumore che provenisse da oltre
quel muro. Albeggiava fra le nuvole e il sole parve un intruso.
Estrasse da una tasca un pezzo di radice che aveva trovato pochi
giorni prima (o anni, o cosa?) e lo rosicchiò
lentamente, lasciandone un pezzo che ripose accuratamente nella
tasca, perchè
non si sa mai. Ricordava Lena, i suoi occhi (chiari o scuri?), i
suoi capelli lunghi raccolti in una pezza sulla testa, la sua corsa
veloce, il suo corpo magro e flessuoso.
E l'orrore del
sangue che le usciva dalla bocca e il fumo, denso e soffocante.
E come lui (o chi?) le si era gettato addosso, scuotendola e una
volta resosi conto che non respirava più,
le aveva rovesciato le tasche: Lena aveva sempre qualcosa in tasca.
Finì di
masticarne il ricordo e decise di muoversi. Strisciò
fino all'angolo
del quadrilatero che aveva occupato per la notte e rotolò
nel dirupo fino ad alcune macerie di cemento armato. Schiacciandosi
contro di esse sentì
un mormorio ed alcune risate. Sembravano veramente risate: erano
voci allegre, forse di bambini. Ma non c'erano
bambini su Terzo. Ricordi sbiaditi: Lena e Zane, Ziro ed un pallone.
FINE
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