La prima volta che la vidi ero sul bus. Stava passando davanti all’edicola,
il bus, intendo, e lei probabilmente comprava una rivista.
Certo, a volte ci si può fare ingannare dalle apparenze e
persone che a prima vista ti sembrano in un modo, una volta che
hai la possibilità di conoscerle da vicino si rivelano molto
diverse, e lei l’avevo vista solo di sfuggita e di trequarti,
per giunta. Ma sai quelle sensazioni che ti prendono a volte? Scattano
meccanismi inconsci, per cui quella fuggevole visione sbieca era
bastata a farmi passare metà pomeriggio a pensare a lei.
Certo, se in negozio ci fosse stato un po’ più movimento,
non avrei avuto molto tempo da dedicarle, ma sembrava che in quel
periodo si fosse solo in rassegnata attesa dello sciame di cavallette.
La gente se aveva qualche soldo se lo teneva, oppure lo spendeva
nell’emporio nuovo di fronte al mio. Stessa merce, stessi
prezzi, più o meno, e una piccola differenza. O meglio, diverso
personale. Già, perchè se nel mio, potevo esibire
solo me stesso in pantaloni neri con la piega, camicia bianca e
farfallino, là di fronte, buon Dio, c’erano due ragazze
dalle gambe lunghe e dalle uniformi così attillate che potevi
tranquillamente riconoscere la marca del reggiseno, se eri esperto
in quel campo, ovviamente. Un richiamo tutt’altro che facile
da evitare. E se non avessi avuto la stessa merce di quel maledetto
emporio, sarei stato uno dei loro primi clienti, c’è
da giurarlo.
Il bus scappò via con un suono stridente da meccanica logorata,
così lanciai un’ultima occhiata anche al secondo trequarti
di lei, che riceveva in una mano lunga e affusolata il resto dal
giornalaio, e poi la vedevo sparire dietro la faccia sudata di un
tale che parlava da solo, aggrappato con entrambe le mani ai sostegni
gialli del mezzo. Non c’è che dire, avevo visto sipari
più gradevoli.
L’unica visita che ebbi quel pomeriggio fu di una coppia di
ragazzi, in cerca di un articolo che non vendevo più da anni
e che probabilmente nemmeno le due ragazze di fronte avevano in
magazzino, così passai il tempo cercando di catalogare e
mettere in ordine la merce esposta in vetrina fuori dalle scatole.
Ho detto tentai, perchè c’è una bella differenza
fra catalogare e tentare di farlo. Inutile, il pensiero andava sempre
a lei, e a i suoi bellissimi trequarti.
La seconda volta che la vidi fu proprio nel mio negozio, alcuni
mesi dopo. Non la riconobbi subito, perchè una cosa è
vedere una persona di trequarti dietro e un’altra vederla
in viso. Ricordo che non appena mi accorsi che era lei urtai una
pila di scatole vuote che cadde a terra come a sottolineare la mia
goffaggine e lei sorrise, accennando ad aiutarmi a raccoglierle.
-Non si stia a scomodare, la prego... -
Le dissi a voce strozzata.
-Mi spiace, forse era sovrappensiero... - Disse lei e aveva ragione.
Stavo pensando alla rossa del negozio di fronte, che avevo incontrato
alcuni giorni prima al supermercato e che mi aveva concesso, bontà
sua, la possibilità di invitarla una sera di quelle al cinema
del paese.
Ripensando alla rossa e riguardando lei che avevo di fronte, accovacciata,
in un completino bianco di cotone con le mezze maniche e assaporandone
il profumo, ritornai a quel pomeriggio sul bus e mi arresi all’evidenza.
Non avrei più potuto portare al cinema la rossa del negozio
di fronte. Nonostante le sue lunghe gambe e la divisa attillata,
non aveva nemmeno una briciola di charme se la mettevo a confronto
con lei, e probabilmente nessuna nel raggio di parecchi chilometri
lo avrebbe conservato, se solo lo avesse avuto.
-In cosa posso esserle utile? - Abbozzai, sperando di essere riuscito
a nascondere tutti quei pensieri. Aveva gli occhi a metà
fra il verde e il castano, leggermente obliqui che ricordavano vagamente
quelli di un gatto al sole, ma velati da una patina malinconica,
e labbra semichiuse, con un velo sottile di rossetto chiaro, che
risaltava sulla pelle chiara, quasi pallida, del resto del viso.
Mesi prima mi ero perso la parte migliore, pensai mentre con un
gesto, a metà fra l’annoiato e l’imbarazzato,
si scostava i lunghi capelli biondi dal viso e li portava con noncuranza
dietro le orecchie, piccole, senza ornamenti.
-C’è quasi riuscito. Ma le è caduto dietro al
banco quello sui miei occhi... -
-Come dice? -
-I pensieri. Li ha nascosti bene, sa? Ma quello sugli occhi, che
sembrano quelli di un gatto al sole ma un po’ malinconici,
be’, quello le è caduto dietro al bancone. - Sorrise,
ancora un po’ triste.
Avvampai come non mi succedeva da almeno vent’anni e strinsi
fra le dita il bordo del bancone come a trattenere l’imbarazzo,
che invece, salì alla ribalta come un vecchio e consumato
attore di prosa. Poteva essere uno scherzo, ma sapevo che non lo
era.
-S-Si vedono?-
-Certo. E rimangono anche per un po’, se si vuole vederli...
-
-Mi sa prendendo in giro? - Mi ripresi un attimo.
-No, per carità, non prendo mai in giro nessuno. E rispetto
i pensieri. Sono cose libere, le uniche che ci sono rimaste, direi...
-
-E cosa vede, qui dentro? -
-Be’, mi perdoni, ma ci sono un sacco di pensieri su una ragazza
dai capelli rossi che... -
Arrossii di nuovo. Fine del sogno, mi dissi e poi cercai di nasconderlo,
ma ormai era andata. Abbandonai tutte le barricate e mi rassegnai.
-Ma come fa? -
-Non lo so. - Il sorriso, già triste, si ruppe in mille pezzi
come una tazzina di porcellana. -Non capita con tutti. A dire la
verità capita solo con le persone che mi piacciono, ma questo
le mette in imbarazzo e non vogliono più avere a che fare
con me. Anche lei. Lo vedo... Mi spiace. -
Una raffica di pensieri confusi si levò fra lei e me e la
ragazza abbassò lo sguardo.
-Deve essere triste, avere quel dono... -Bofonchiai.
-Sì, lo è. E per rispondere alla sua domanda, be’,
non credo abbia l’articolo che cercavo, se così si
può dire. -
Rimasi senza parole, anche perchè bastavano e avanzavano
i mille pensieri che fluivano dietro i suoi passi che uscivano dal
negozio, si immettevano sul marciapiede e continuavano, attraversando
la strada, fino al negozio di fronte.
Non seppi mai se almeno lì, trovò ciò di cui
aveva bisogno, perchè dopo pochi minuti la vidi uscire e
prendere un taxi diretto a ovest, verso il mare e non la vidi mai
più.
A volte, alla fine delle lunghe giornate estive passate da solo,
mi volto e strizzo gli occhi guardando a terra, in cerca di... Bah,
forse sono solo impazzito e mi sono inventato tutto quanto, ma ho
come l’impressione ogni tanto di scorgere la coda di un pensiero
caduto sparire dietro l’angolo della vetrina.
Ma sono solo deliri da vecchio.