La mia vita si può riassumere in
un solo episodio e
Il resto non farebbe altro che annoiarvi, quindi non starò a descriverlo.
Ciò che leggerete di seguito non vi sarò utile a nulla, e tantomeno
a trovarmi. Dopotutto per molti non sono mai esistito, quindi mettetevi
il cuore in pace a statemi a sentire. Se starete buoni non mi dilungherò
troppo, così farete presto e potrete andare a dormire subito dopo
carosello.
Tutto iniziù immediatamente dopo la scuola. Nella mia cittù a quei
tempi si finiva per andare per mare quasi tutti, e quella scelta
obbligata ha cambiato la mia vita e quella di altri milioni di persone
ma tutto sommato non sono pentito di ciò che ho fatto.
Avevo diciotto anni quando mi imbarcai sulla Stella B., dove tutto
ciò che
potevi fare era dormire o grattare ruggine. Su una portarinfuse
non hai grandi occupazioni: il carico se ne sta lì, nelle
stive, e aspetta buono buono che le gru del porto d’arrivo
lo scarichino sulle banchine. Così, dopo un paio di noiose
traversate da Genova a New York avevo messo da parte un discreto
gruzzolo di dollari per realizzare il mio sogno: fare il giro dell’America.
Un giro che però già dall’inizio si rivelò
una delusione: una sensazione inaspettata che saliva dal profondo,
mi sfiorava lo stomaco e si fermava sul petto, come un’oppressione.
Non era una cultura diversa anni luce dalla mia: tutto viaggiava
solo in una dimensione più
grande. Mi sembrava di provenire da un mondo in scala ridotta, una
specie di Gulliver al contrario, che mi spingeva a continuare a
viaggiare, a cercare l’America che avevo sognato da bambino.
Così seguitai
a girare e a procurarmi impieghi occasionali. Mi trovai così
a fare il garzone del benzinaio in un posto di cui non ricordo nemmeno
il nome. L’unica attrazione era la strada lungo la quale si
affacciavano le poche case del paese.
Durante le lunghe giornate assolate in cui non veniva nessuno a
far benzina, mi ritrovavo spesso a pensare dove cavolo prendesse
i soldi per pagarmi il mio boss, ma ogni settimana puntuale come
la morte il vecchio si calcava il berretto con la visiera sulla
nuca, sputava per terra, poi tirava fuori una mazzetta di dollari,
li contava e me li metteva in mano. Così
senza un parola.
A volte passavano giorni senza che ci scambiassimo una frase, un
gesto, un’occhiata. O meglio, lui forse un’occhiata
me la dava ogni tanto, ma io non lo vedevo per ore. Le cose cambiarono
la terza settimana di lavoro. Ci fu un via vai insolito di auto
scure, e la cosa strana era che venivano tutte dallo Stato vicino
e che avevano tutte una gran fretta. Il vecchio stava tutto il tempo
sulla porta dell’ufficio masticando tabacco ma una sera mi si avvicino’
nel momento in cui un grosso camion si era fermato di fronte al
distributore con il motore a pieni giri. Lui sputò per terra,
si calcò il berrettino sulla nuca e mise mano alla tasca
posteriore dei jeans. Poi parlò. Subito non ci feci caso
e così stetti
alcuni secondi dritto in piedi di fronte a lui, ad aspettare.
Lui riparlò.
E questa volta ebbi la certezza che stesse parlando ma non capii
nulla perchè c’era un rumore infernale. Gli feci cenno
di ripetere e mi avvicinai. Lui scrollò la testa, mi mise
in mano dieci dollari e andò verso il camion. Aspettai che
finisse con quello per sentire ciò che aveva da dirmi prima di tornare
in albergo. Così
mi sedetti sul bordo dell’aiuola, con gli occhi socchiusi
per il riverbero del sole sull’asfalto impolverato.
Per prima cosa vidi le sue scarpe, poi il fondo dei pantaloni ed
infine il suo viso. Avevo la luce negli occhi e mi riparai con la
mano. Lui sputò per terra, poi si accucciò ,sedendosi sui talloni.
-Ragazzo, -mi disse. -Ti andrebbe di fare un viaggetto?-
-Dove?-
-Quì vicino.-
-E perchè?-
-Ti pago bene.- Dopodichè
si alzò e si allontanò senza aspettare che rispondessi.
La mattina seguente mi presentai al distributore, ma ad attendermi
c’era una di quelle macchine scure. Il vecchio mi disse anche
di cambiarmi, che avrei trovato una giacca e un paio di pantaloni
sul sedile posteriore, e mi mise in mano, uno sull’altro mille
dollari. Sgranai gli occhi e mi ritrovai su quell’auto quasi
senza accorgermene. Il vestito mi era un po’ largo, ma era
di stoffa buona. Cercai allora di fare un po’ di conversazione
ma il tizio che guidava seguitava a stare in silenzio. Il paesaggio
che sfrecciava davanti ai finestrini era sempre uguale. Ogni tanto
guardavo indietro, attraverso il lunotto posteriore e così
faceva pure lui mentre la polvere che la cadillac sollevava dall’asfalto,
si condensava dietro di noi come la coda di una cometa. A volte
ripenso a quei momenti ed al fatto che mi sentivo stranamente calmo.
Forse erano stati quei mille dollari, forse perchè
il vecchio mi aveva parlato, oppure perchè sapevo il fatto
mio ma stavo seduto e basta, godendomi il rombo sommesso del seimila
che era sotto al cofano di quella macchina. Sonnecchiai un po’,
finchè non sentii spegnere il motore. Alzai la testa e mi
ritrovai in un grande parcheggio. La nostra era solo una delle migliaia
di macchine posteggiate lì in mezzo.
Il sole era già alto, quando il silenzioso mi prese sottobraccio
e mi accompagnò in fondo al parcheggio. Poi si guardò intorno, si
chinò; e aprì una specie di botola. Mi fece cenno di saltare dentro,
e io lo feci. Lui mi seguì, e la chiuse dietro di sè. Ci ritrovammo
in un cunicolo basso e stretto, alla cui fine c’era una specie di
feritoia all’altezza degli occhi. Una caditoia, probabilmente, al
livello del manto stradale. Aspettammo alcuni minuti, poi presi
senza parlare il fucile di precisione e lo caricai. Potevo guardare
la piazza attraverso la fessura, mentre il corteo di auto imboccava
la strada di fronte a me.
C’erano bandiere dappertutto, la gente applaudiva. Improvvisamente
sentimmo due botti e l’auto scoperta rallentò visibilmente. Il mio
bersaglio mi apparve davanti agli occhi come una moneta da dieci
cent per un tempo incredibilmente lungo. -Ci siamo. - Disse il silenzioso.
Sparai. L’uomo si accasciò sul sedile. Ricordo le urla della folla
mentre correvamo lungo lo stretto cunicolo verso il parcheggio,
la corsa verso il confine nel nostro completo silenzio mentre la
radio sbraitava e la grande confusione che ci lasciammo alle spalle.
Tornai a fare il benzinaio per un po’, poi
qualcuno mi suggerì di tornare in Italia, e così feci.
Dallas,Texas? No, da allora non ci sono più tornato...